Il mio pensiero
Il co-fattore “inquinamento atmosferico”

Il co-fattore “inquinamento atmosferico”

In questi mesi, il coronavirus ha messo in ginocchio l’Europa. Il Nord d’Italia è ancora tra le zone più colpite, per svariati motivi, uno tra tutti l’inquinamento atmosferico. Gruppi di ricerca universitari e professionali hanno condotto e pubblicato studi che dimostrano il nesso tra inquinamento atmosferico e diffusione del virus.

Tra gli studi più pubblicizzati c’è quello condotto dall’ Università di Harvard, dove un team di ricerca ha dimostrato che il virus si sta espandendo molto più velocemente nelle aree più inquinate – dal punto di vista atmosferico – degli Stati Uniti. I ricercatori hanno osservato che un aumento di un solo microgrammo per metro cubo nei livelli di PM2.5 (le famose polveri sottili) è associato a un aumento del 15% del tasso di mortalità da coronavirus. Ad esempio, se Manhattan si fosse impegnata, nei passati 20 anni, a diminuire di un solo microgramme per metro cubo i livelli di PM2.5 avrebbe, a Marzo 2020 contato 248 morti in meno.

Uno studio effettuato dall’Università di Catania ha concluso che “Il nostro indice di rischio epidemico mostra forti correlazioni con i dati ufficiali disponibili dell’epidemia Covid-19 in Italia e spiega in particolare perché regioni come Lombardia, Emilia-Romagna, Piemonte e Veneto stiano soffrendo molto di più rispetto al centro-sud. L’indice di rischio epidemico tiene contro, tra le altre cose, dei livelli di inquinamento atmosferico di queste regioni.

Se vi interessa particolarmente l’argomento, oltre ai link che trovate nei prossimi paragrafi, vi invito a leggere il Position Paper sulla Valutazione della potenziale relazione tra l’inquinamento da particolato atmosferico e la diffusione dell’epidemia da Covid-19″ della la Società Italiana di Medicina Ambientale e dell’UNESCO.

Qual’è il nesso?

Facciamo un passo indietro e cerchiamo di capire perchè l’inquinamento atmosferico influisca così tanto nella diffusione di un virus, e abbia influito nella mortalità non solo al Nord d’Italia, ma anche in altre aree inquinate nel mondo. I motivi sono due:

1. L’esposizione a lungo termine

L’inquinamento atmosferico a Nord d’Italia supera ogni anno i limiti di sicurezza dell’Unione Europea e dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (ne ho parlato in questo articolo). Gli abitanti di questa zona d’Italia sono continuamente esposti a livelli di inquinamento tossici, e illegali. Qui per inquinamento non si intende solo biossido di azoto (NO2), ma anche particolato – le cosiddette polveri sottili. (Nota: Il particolato si divide in PM10, PM2.5 e PM1, a seconda della dimensione delle polveri. Scriverò un articolo sulla differenza tra questi tipi di particolato nei prossimi giorni).

L’esposizione a lungo termine degli abitanti del Nord d’Italia a biossido di azoto e particolato influisce negativamente sul loro sistema cardiocircolatorio, respiratorio e immunitario. E’ infatti ormai risaputo (e provato da un enorme mole di studi scientifici) che NO2 e PM causano svariati tipi di cancro, ictus, infarti, disturbi di concentrazione e apprendimento, malattie cerebrali, aborti spontanei e indebolimento del sistema immunitario. Ed è dimostrato che gli abitanti del Nord d’Italia soffrono fortemente di disturbi dell’apparato respiratorio e cardiocircolatorio.

L’Università di Siena ha dimostrato che l’esposizione a lungo termine all’inquinamento atmosferico degli abitanti del Nord d’Italia, specialmente della Pianura Padana, ha causato un esacerbamento della gravità dei sintomi dell’infezione Covid-19 e ha aumentato il rischio di morte nei pazienti colpiti dal virus.

C’è da ricordare che oltre a questa esposizione cronica a livelli di inquinamento tossici, gli abitanti del Nord d’Italia hanno un tasso di anzianità molto alto e un tasso di mobilità basso, che hanno sicuramente contribuito all’alto numero di morti in questa zona d’Italia.

2. Particolato come carrier

Come suggerito anche dall’Università di Bologna, il particolato – le cosiddette polveri sottili – fungono da carrier, ovvero da strumento di trasporto del virus. Il virus si deposita sul particolato rimanendo sospeso in aria più a lungo (da ore a giorni) e viaggiando molto più facilmente (spostandosi per 7, 10 metri) che in luoghi non inquinati. 

Durante questo studio, sono stati analizzati 34 campioni di PM10, prelevati vicino a un sito industriale a Bergamo, durante un periodo di 3 settimane, dal 21 Febbraio al 13 Marzo. Su 8 di questi campioni è stata riscontrata la presenza di coronavirus. In determinate condizioni atmosferiche e in presenza di inquinamento atmosferico, il particolato si unisce al virus e contribuisce a farlo rimanere nell’atmosfera più a lungo.

E adesso?

Che cosa ci insegnano questi studi? Se l’inquinamento atmosferico ha contribuito ad esacerbare l’impatto del virus, nel momento in cui torneremo alla “normalità” i Governi dovrebbero limitare le concentrazioni di polveri sottili presenti nell’aria. In questo modo si diminuirà il rischio di una ricaduta, specialmente se, quando riapriranno scuole, uffici, bar e ristoranti, torneremo tutti a viaggiare in macchina e aumenteremo la concentrazione di polveri sottili nell’aria, continuando a facilitare la diffusione del virus.

L’Italia dovrebbe interessarsi di inquinamento atmosferico molto più seriamente di quanto non stia facendo. Non basta monitorare i livelli di inquinamento atmosferico, e bloccare il traffico ogni tanto, o totalmente o con il metodo delle targhe alterne (un metodo che è una grandissima cavolata). Ci vogliono campagne di sensibilizzazione, per far sì che i cittadini sappiano che cosa sia l’inquinamento atmosferico, come non contribuire a crearlo, e come limitare la propria esposizione agli agenti inquinanti.

Non spetta solo al Governo limitare l’inquinamento atmosferico. Spetta anche a noi. Specialmente nelle grandi città, dovremmo evitare di guidare. Punto. Se pensate che non sia il caso, che non potete, che non vi va, ricordatevi che nei centri abitati e nelle autostrade, l’aria all’interno del veicolo è dalle 7 alle 12 volte più inquinata che fuori. Quindi quando guidate, siete esposti a livelli di inquinamento che sono da 7 a 12 volte più alti del ciclista accanto a voi o del pedone sul marciapiede. Ricordatevelo, la prossima volta che prendete la macchina.

Dovremmo andare in bici, a piedi o con i mezzi pubblici (il cui servizio, in alcune zone d’Italia, dovrebbe essere efficientato). E lo smart working, dovrebbe essere utilizzato non solo per renderci la vita più semplice, e per passare più tempo a casa, ma per evitare di guidare tutti i giorni verso il posto di lavoro, evitando di inquinare e di esporci a livelli tossici di particolato e biossido di azoto.

Vi lascio con l’ultima statistica. Stando ai dati di Google, ad oggi, il coronavirus ha contagiato 2,92 milioni di persone in tutto il mondo, uccidendone 204.000. L’inquinamento atmosferico causa ogni anno 4.2 milioni di morti, se si considera soltanto l’inquinamento esterno. Se si tiene conto anche dell’inquinamento domestico – ovvero interno alle abitazioni, causato da stufe e termosifoni – le morti salgono a 7 milioni all’anno.

Il fatto che a causa dell’inquinamento atmosferico, non siamo costretti a chiuderci tutti in casa per mesi, non giustifica l’inazione e l’indifferenza dei Governi, e dei singoli individui, di fronte ai livelli astronomici di inquinamento dell’aria che ogni anno causano milioni di morti.

1 thought on “Il co-fattore “inquinamento atmosferico”

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      Condivido totalmente quanto hai scritto . Tutta la società ed ogni singolo individuo dovrebbe riflettere sui danni che ci provoca l’inquinamento atmosferico ; il governo dovrebbe potenziare l’informazione soprattutto nelle scuole , affinchè
      i ragazzi crescano con la giusta conoscenza di questo grave fattore inquinante che noi esseri umani , con i modi sbagliati
      scateniamo .E’ da qui , dai bambini che dovremmo partire ad insegnare , in un momento delle loro età evolutiva in cui
      l’apprendimento è eccezionale! Un pò come lo sport ….se inizi a far fare attività sportiva al tuo bambino fin da piccolo ,
      il suo corpo , nella crescita , nell’età adulta e oltre , sentirà sempre la necessità di muoversi , camminare , correre all’aria aperta ! Ne ho avuto la prova con i miei figli e con tanti altri bambini adesso adulti !

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