Il mio pensiero
Il disastro ecologico delle Mauritius

Il disastro ecologico delle Mauritius

Qualche settimana fa, ho postato questo brevissimo video sul mio canale instragram (in inglese; eco.fighter), per sensibilizzare i miei followers riguardo quello che stava accadendo nelle Mauritius. Sono stata in vacanza sull’isola a Novembre 2019, e i fatti avvenuti a Luglio/Agosto 2020 – riconoscere quei posti sui giornali e in TV – mi hanno davvero scioccata.

Una marea nera sulla barriera corallina

A fine luglio, la petroliera giapponese battente bandiera panamese Wakashio si è incagliata sulla barriera corallina, a pochi chilometri dalla costa. La nava trasportava 4 mila tonnellate di combustibile, almeno un quarto del quale si è riversato in mare, danneggiando la flora e la fauna dell’isola. Centinaia di volontari si sono impegnati giorno e notte a bloccare la marea nera, a ripulire la costa intorno a Point D’Esny, e a estrarre dalla nave il combustibile rimasto a bordo. I volontari hanno messo a rischio la propria salute, per colpa delle inevitabili esalazioni e di attrezzature non adeguate. La nave si è spezzata in due la settimana scorsa, dopo che (fortunatamente) tutto il combustibile non ancora riversatosi in mare era stato rimosso.

L’isola è una destinazione turistica nell’Oceano Indiano, molto conosciuta tra gli appassionati di snorkeling e i surfisti. Il mare e la barriera corallina sono essenziali alla sua sopravvivenza. Oltre che sull’agricoltura (riso, tè, canna da zucchero ecc.) e sulla finanza, l’economia delle Mauritius si basa sul turismo e sulla pesca, che sono stati fortemente messi in pericolo dall’incidente.

Il capitano della nave e il suo equipaggio sono stati arrestati. Il governo giapponese si è reso disponibile a pagare al governo mauriziano i danni inflitti all’isola. Questo non ha fermato la marea nera, e il danno ambientale causato a un angolo di paradiso incontaminato.

Che cosa possiamo fare

Il disastro ambientale subito dall’isola, dalla costa e dalla barriera corallina va oltre l’inimmaginabile.

Questo episodio dimostra ancora una volta che è’ necessario disinvestire dai combustibili fossili, e investire in alternative pulite e rinnovabili il più presto possibile. I danni di questo tipo accadono sempre più raramente (dagli anni settanta a oggi, il numero di incidenti navali che ha causato uno sversamento di combustibili in mare, è passata da 80 a 6). La transizione energetica sta avvenendo, ma a ritmi ancora troppo lenti, a scapito di flora e fauna di Paesi paradisiaci.

L’attenzione dei media è calatain seguito all’incidente, ma sull’isola si sta ancora lavorando per riparare ai danni subiti, e i mauriziani dovranno farci i conti per anni a venire.

Per scoprire di più sulla situazione attuale, visitate il sito Save Mauritius Reef (fate una donazione, se ne avete la possibilità, per aiutare i volontari). Per gli aggiornamenti in tempo reale, seguite @savemauritiusreef.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato.